Abbandono delle merci agli assicuratori: quando la nave può dirsi non riparabile?
Tra gli istituti peculiari inerenti alle assicurazioni marittime vi è l’abbandono agli assicuratori il quale trova nelle relative polizze, oltre che nel codice della navigazione, la propria disciplina.
L’abbandono consiste in un atto dell’assicurato con cui questi, ricorrendone i presupposti, può ottenere l’indennità di perdita totale, lasciando all’assicuratore il bene oggetto della copertura. Secondo i casi, vale a dire i beni assicurati, si avranno dunque le diverse fattispecie dell’abbandono della nave (art. 540 c. nav.), che trova applicazione anche rispetto alle imbarcazioni da diporto, dell’abbandono delle merci (art. 541 c. nav.) e dell’abbandono del nolo (art. 542 c. nav.).
Di norma, l’indennità di perdita totale può essere ottenuta dimostrando che la cosa assicurata ha subìto un danno che (i) rientra nella copertura assicurativa e che (ii) è tale da comportarne una perdita (fisica) – per l’appunto – totale. Ricorrendo tali elementi, l’assicurato può esperire l’azione di avaria.
Sennonché, può accadere che il ricorrere di una perdita fisica totale sia difficile da determinare (ad esempio quando risulta particolarmente incerto se e quando sarà possibile recuperare il carico da una nave affondata) o che, anche ove una perdita fisica totale sia esclusa, l’assicurato soffra una perdita economica totale (ad esempio quando la nave subisce dei danni potenzialmente riparabili, ma si trova in un luogo dove il ripristino della sua navigabilità non è in concreto realizzabile).
La funzione dell’istituto dell’abbandono agli assicuratori è quindi individuata proprio nel far sì che l’assicurato possa ricevere, anche all’infuori dell’ipotesi di perdita fisica totale, il trattamento ad essa associato, ossia l’indennità di perdita totale. A fronte di tale indennità, l’assicurato trasferisce all’assicuratore la proprietà della cosa colpita dal sinistro. Tutto ciò avviene – lo si è già detto – allorché si realizzino determinate situazioni, che variano in funzione della fattispecie in questione. Il ricorso all’abbandono da parte dell’assicurato non preclude a quest’ultimo l’esercizio, in via subordinata, dell’azione di avaria (art. 543, secondo comma, c. nav.).
Per quanto attiene alla fattispecie dell’abbandono della merce, l’art. 541, lett. c, c. nav. prevede, tra gli altri casi in cui è consentito all’assicurato abbandonare all’assicuratore le merci esigendo l’indennità per perdita totale, un’ipotesi complessa. La disposizione, infatti, da una parte, rinvia ad una situazione che legittima l’abbandono della nave agli assicuratori, richiamando il caso di cui all’art. 540, lett. a, c.nav. («quando la nave è perduta, o è divenuta assolutamente inabile alla navigazione e non riparabile, ovvero quando mancano sul posto i mezzi di riparazione necessari, né la nave può, anche mediante alleggerimento o rimorchio, recarsi in un porto ove siano tali mezzi, né procurarseli facendone richiesta altrove»). Dall’altra, l’art. 541, lett. c, c.nav. richiede anche il verificarsi di ulteriori condizioni.
Sull’interpretazione della norma è intervenuta la terza sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12975/2022, pubblicata lo scorso 26 aprile. In particolare, la sentenza si sofferma sulla nozione di non riparabilità della nave rilevante ai fini della legittimità dell’abbandono della merce.
La Corte ha ritenuto che la lettera a dell’art. 540 c. nav. (richiamata dall’art. 541, lett. c) descriva due situazioni di non riparabilità della nave: una prima, in cui la sua causa sia da rinvenire «nei danni sofferti», alludendo – sembrerebbe – alla natura dei difetti riguardanti lo stato della nave; una seconda, in cui la non riparabilità sia «non derivante esclusivamente dai danni sofferti, bensì dall’ambiente in cui la nave si trova e da cui non può neppure spostarsi per essere riparata».
Sulla base di tale ricostruzione è stato deciso che, nel caso di specie, non sussistessero i presupposti affinché l’assicurato potesse legittimamente avvalersi dell’abbandono della merce all’assicuratore. Infatti, secondo la Corte, a fronte della riparabilità della nave mediante sostituzione dell’albero motore, emersa nel corso del giudizio, l’assicurato non aveva dedotto né provato l’impossibilità di procedere alla riparazione nel porto dove la nave era stata rimorchiata.
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