Responsabilità sanitaria: il “Decalogo di San Martino” della Corte di Cassazione
L’11 novembre 2019 la Corte di Cassazione ha pubblicato dieci sentenze in tema di responsabilità sanitaria, già definite dagli operatori come il “Decalogo di San Martino”, per via dei principi sanciti sul tema.
Analizziamole brevemente.
È possibile leggere per esteso le seguenti sentenze cliccando sulle stesse.
Cass. Civ., Sez. III, Sent. n. 28985
La Suprema Corte in tale decisione ha affrontato la tematica, particolarmente complessa, del “consenso informato”, ponendo l’onere a carico del paziente asseritamente danneggiato di allegare e provare che avrebbe opposto il suo rifiuto al trattamento sanitario se fosse stato correttamente informato circa i possibili effetti pregiudizievoli.
Cosicché, solo nel caso in cui sia assolta tale prova spetterà il risarcimento del danno da lesione del diritto soggettivo all’autodeterminazione proprio della persona fisica che si sia verificato in conseguenza di non imprevedibili conseguenze di un atto terapeutico, anche se eseguito secondo leges artis.
“A tale diritto fondamentale del paziente/persona corrisponde l’obbligo del medico … di fornire informazioni dettagliate, in quanto adempimento strettamente strumentale a rendere consapevole il paziente della natura dell’intervento medico e/o chirurgico, della sua portata ed estensione, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative”.
La violazione da parte del medico dell’obbligo informativo verso il paziente è fonte di causa di due distinti danni: “a) un danno alla salute, quando sia ragionevole ritenere che il paziente – sul quale grava il relativo onere probatorio – se correttamente informato, avrebbe rifiutato di sottoporsi all’intervento (onde non subirne le conseguenze invalidanti); b) un danno da lesione del diritto all’autodeterminazione, predicabile se, a causa del deficit informativo, il paziente abbia subito un pregiudizio, patrimoniale oppure non patrimoniale (ed in tale ultimo caso, di apprezzabile gravità), diverso dalla lesione del diritto alla salute…
Possono, pertanto, prospettarsi le seguenti situazioni conseguenti ad una omesso od insufficiente informazione: A) omessa/insufficiente informazione in relazione ad un intervento che ha cagionato un danno alla salute a causa della condotta colposa del medico, a cui il paziente avrebbe in ogni caso scelto di sottoporsi, nelle medesime condizioni, “hic et nunc”: in tal caso, il risarcimento sarà limitato al solo danno alla salute subito dal paziente nella sua duplice componente, morale e relazionale; B) omessa/insufficiente informazione in relazione ad un intervento che ha cagionato un danno alla salute a causa della condotta colposa del medico, a cui il paziente avrebbe scelto di non sottoporsi: in tal caso, il risarcimento sarà esteso anche al danno da lesione del diritto all’autodeterminazione del paziente; C) omessa informazione in relazione ad un intervento che ha cagionato un danno alla salute (inteso anche nel senso di un aggravamento delle condizioni preesistenti) a causa della condotta non colposa del medico, a cui il paziente avrebbe scelto di non sottoporsi: in tal caso, il risarcimento sarà liquidato con riferimento alla violazione del diritto alla autodeterminazione (sul piano puramente equitativo), mentre la lesione della salute da considerarsi comunque in relazione causale con la condotta, poiché, in presenza di adeguata informazione, l’intervento non sarebbe stato eseguito andrà valutata in relazione all’eventuale situazione “differenziale” tra il maggiore danno biologico conseguente all’intervento ed il preesistente stato patologico invalidante del soggetto; D) omessa informazione in relazione ad un intervento che non abbia cagionato danno alla salute del paziente, cui egli avrebbe comunque scelto di sottoporsi: in tal caso, nessun risarcimento sarà dovuto; E) omissione/inadeguatezza diagnostica che non abbia cagionato danni alla salute del paziente ma che gli ha tuttavia impedito di accedere a più accurati ed attendibile accertamenti (come nel caso del tri test eseguito su di una partoriente, senza alcuna indicazione circa la sua scarsa attendibilità e senza alcuna ulteriore indicazione circa l’esistenza di test assai più attendibili, quali l’amniocentesi, la villocentesi, la translucenza nucale): in tal caso, il danno da lesione del diritto, costituzionalmente tutelato, alla autodeterminazione sarà risarcibile (giusto il già richiamato insegnamento del giudice delle leggi) qualora il paziente alleghi che dalla omessa, inadeguata o insufficiente informazione, gli siano comunque derivate conseguenze dannose, di natura non patrimoniale, in termini di sofferenza soggettiva e contrazione della libertà di disporre di se stesso, psichicamente e fisicamente salva la possibilità di provata contestazione della controparte.
Cass. Civ., Sez. III, Sent. n. 28986
In tale pronuncia la Cassazione affronta il tema dell’accertamento e della liquidazione del danno differenziale da aggravamento di una patologia preesistente.
Nel caso in cui in capo al danneggiato preesista una malattia, della stessa si dovrà tenere conto solamente ai fini della liquidazione del risarcimento del danno e non anche della determinazione del grado percentuale di invalidità. Pertanto, ai fini della liquidazione del danno alla salute, le percentuali di entrambe le invalidità andranno convertite in una somma di denaro di talché dal valore monetario dell’invalidità complessivamente accertata andrà sottratto quello corrispondente al grado di invalidità preesistente. Resta fermo, in ogni caso, l’esercizio del potere discrezionale del giudice di liquidare il danno in via equitativa.
Al contempo, la Suprema Corte fornisce un vero e proprio catalogo, messo a disposizione dei periti/consulenti medico legali, circa il percorso che l’accertamento deve seguire, finanche nella sua esposizione al Giudice.
Cass. Civ., Sez. III, Sent. n. 28987
In tale pronuncia la Corte di Cassazione affronta la complessa tematica dell’azione di regresso/rivalsa che le Strutture sanitarie svolgono nei confronti dei propri sanitari qualora il paziente agisca verso la stessa Struttura per ottenere il risarcimento dei danni.
Il Giudice di legittimità afferma “l’impredicabilità di un diritto di rivalsa integrale della struttura nei confronti del medico, in quanto, diversamente opinando, l’assunzione del rischio d’impresa per la struttura si sostanzierebbe, in definitiva, nel solo rischio d’insolvibilità del medico così convenuto dalla stessa”.
Inoltre, se le Strutture vorranno evitare di essere considerate sempre corresponsabili nella misura paritaria del 50%, dovranno fornire la prova rigorosa che il sanitario ha posto in essere una condotta non solo “grave”, ma addirittura “straordinaria, soggettivamente imprevedibile e oggettivamente improbabile”. Prova difficile da fornire.
In buona sostanza, alla luce dei principi dettati in tale pronuncia, la responsabilità tra struttura e sanitario dovrà essere ripartita in misura paritaria, salvo quanto sopra osservato.
Ciò dovrebbe determinare un impatto econimico positivo per gli esercenti la professione sanitaria e le loro compagnie assicurative che vedranno limitata la loro esposizione (sempre salvo casi eccezionali) al 50%.
Cass. Civ., Sez. III, Sent. n. 28988
Tale pronuncia affronta il tema della liquidazione del danno nel sistema tabellare.
Il risarcimento “standard” del danno non patrimoniale da lesione della salute può essere incrementato dal giudice solo in presenza di conseguenze anomale o del tutto peculiari (comunque tempestivamente allegate e provate dal danneggiato), che devono essere motivate in modo adeguato, analitico e non stereotipato.
Cass. Civ., Sez. III, Sent. n. 28989
In tema di riparto dell’onere della prova nell’ambito della responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, vanno ribaditi i principi secondo i quali incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l’onere di provare il nesso di causalità tra l’aggravamento della preesistente patologia o l’insorgenza di una nuova malattia ela condotta (attiva od omissiva) dei sanitari. Assolto tale onere probatoria, spetterà alla struttura dimostrare che l’impossibilità della prestazione è derivata da causa non imputabile, provando che l’inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile usando l’ordinaria diligenza.
Con riferimento, invece, al danno da perdita o lesione del rapporto parentale, il giudice deve verificare la sussistenza dell’interiore sofferenza morale soggettiva e di quella riflessa sul piano dinamico-relazionale ed, eventualmente, apprezzarne la gravità e l’effettiva entità tenendo conto delle evidenze probatorie acquisite – anche per via presuntiva – riguardanti il rapporto con il congiunto, la maggiore o minore prossimità del legame parentale, la qualità dei legami affettivi, la sopravvivenza di altri congiunti, la convivenza o meno col danneggiato, l’età delle parti e di ogni altra circostanza
Cass. Civ., Sez. III, Sent. n. 28991
Cass. Civ., Sez. III, Sent. n. 28992
Anche in tali pronunce, come nella precedente, la Cassazione ha affrontato il tema dell’onere della prova e della relativa ripartizione.
Il paziente asseritamente danneggiato che deduca la responsabilità contrattuale del sanitario per inadempimento della prestazione di diligenza professionale e la lesione del diritto alla salute, deve provare – anche a mezzo di presunzioni – il nesso di causalità fra l’aggravamento della situazione patologica o l’insorgenza di nuove patologie e la condotta del sanitario, mentre è onere della parte debitrice provare, ove il creditore abbia assolto il proprio onere probatorio, che una causa imprevedibile ed inevitabile ha reso impossibile l’esatta esecuzione della prestazione.
Cass. Civ., Sez. III, Sent. n. 28993
In tale pronuncia viene affrontato il tema della perdita di chance. Il danno non patrimoniale da perdita di chance – consistente nella perdita della possibilità di un miglior risultato sperato, incerto ed eventuale a causa della condotta colposa del sanitario – è risarcibile solo quando tale perdita sia apprezzabile, seria e consistente.
Cass. Civ., Sez. III, Sent. n. 28990
Cass. Civ., Sez. III, Sent. n. 28994
La Corte di Cassazione con tali pronunce tenta di regolamentare la materia della interazione temporale tra la disciplina preesistente e successiva alla entrata in vigore della Legge Gelli-Bianco e, prima di essa, della Legge Balduzzi.
Nella prima pronuncia si afferma la retroattività della Legge Balduzzi e della Legge Gelli-Bianco in tema di adozione delle tabelle di legge ex art 138 e 139 Codice Assicurazioni, anche quando il danno si sia prodotto anteriormente alla loro entrata in vigore e con il solo limite della formazione del giudicato.
A diversa conclusione perviene, invece, la seconda delle decisioni sopra citate, affermando che le norme sostanziali delle due leggi non hanno portata retroattiva e non possono, quindi, applicarsi ai fatti avvenuti in epoca antecedente alla loro entrata in vigore, a differenza di quelle che, come gli artt 138 e 139 CdA in punto di liquidazione del danno, sono di immediata applicazione anche ai fatti pregressi.
Avv. Enrico Perrella
Avv. Francesca Colombaroni
Avv. Gabriele Aprile