Finalmente una autorevole giurisprudenza di merito – Corte di Appello di Roma, decreto cron.n. 4337/2024 del 29 novembre 2024 – colma la lacuna interpretativa in tema di spese di ispezione nella mala gestio ex art. 2409 c.c.: le spese di ispezione seguono il principio ex art. 91 c.p.c. e devono essere poste a carico dell’amministratore revocato.
Un socio di capitale, rappresentato da SLAZ&CPK, agisce per mala gestio ex art. 2409 cc verso l’Amministratore della società. Il Tribunale di Roma ordina l’ispezione contabile ed immobiliare, che riscontra tutte le gravi irregolarità denunciate, ed accoglie il ricorso (decreto del 5 gennaio 2023), nomina l’Amm.re Giudiziario ma pone le non indifferenti spese di ispezione (oltre 250mila euro) a carico del socio ricorrente.
Ancorché detto decreto si inserisca nel solco della giurisprudenza di merito, anche del Tribunale di Roma, e di legittimità, l’ingiustizia subita dal socio di dover sopportare le (quasi sempre ingenti) spese di ispezione, induce SLAZ&CPK a patrocinare l’Assistito nel ricorso in Corte di Appello, con argomentazioni articolate ed esegetiche, chiedendo che le spese fossero poste a carico dell’Amministratore rimosso.
Nel provvedimento del Tribunale il cortocircuito nella Giustizia sostanziale appariva evidente perché: le tesi del ricorrente sono state pienamente accolte; la società sarà riorganizzata e amministrata correttamente dall’Amm.re Giudiziario; le spese di giudizio ristorate solo in minimissima parte dalla condanna ex art 91 c.p.c. afferenti le sole difese; il socio ricorrente vede indubbiamente depauperato il patrimonio sociale e quindi, indirettamente, il valore della sua partecipazione; ha subito la mancanza di utili per anni, ma – dulcis in fundo – è “condannato” a pagare oltre 250mila euro!
Pragmaticamente, non riusciamo ad immaginare chi sia quella persona che voglia ricorrere al Giudice affinché interessi/diritti dei terzi (la società, ed indirettamente i suoi) vengano rispettati, sopporta ingenti spese per l’azione processuale, le viene dato pienamente ragione dal Tribunale, conscia che si troverà costretta comunque a pagare le spese di ispezione che non sono mai di poco conto e finanche elevatissime. Situazione che da sola rappresenta un efficace deterrente a non rivolgersi più alla Giustizia ovvero, al più, a rendere l’accesso alla Giustizia ingiustamente ristretto solo a chi gode di ampia o amplissima possibilità economica.
L’applicazione dell’art 2409, 2° comma, cc resa fino al Decreto d’Appello qui pubblicato, è stata operata senza un’effettiva disamina della norma e della sua ratio, né ponendola in parallelo con i principi generali del processo; in modo non più attuale, non costituzionalmente orientata e comunque eccessivamente ristretta al dato letterale, non tenendo sufficientemente conto sia dell’irragionevolezza immediatamente percepibile sia della effettiva ratio del 2409 cc nel suo complesso ovvero del solo secondo comma.
Detta semplicistica interpretazione appariva quindi in violazione sia del principio di parità ex art 111Cost. (del contraddittorio quali posizioni processuali e conseguenze processuali), ma anche degli artt. 3 e 24: comunque venga deciso il ricorrente sa che si troverà “condannato” a pagare una somma non causata da lui ma dall’amministratore negligente.
Il tutto in relazione al principio generale dell’art 91 cpc che pone a carico del giudice l’obbligo di condannare il soccombente ogni volta che si definisca un procedimento in senso sostanziale, come dal cosiddetto “diritto vivente” per merito anche giurisprudenza di legittimità.
L’innovativo Decreto della Corte di Appello di Roma (Presidente Relatore Dott. Zannella) ha accolto in pieno le tesi di SLAZ&CPK revocando l’ordine di pagamento al socio e ponendolo integralmente in capo all’Amministratore revocato per mala gestio.
In una successiva scheda affronteremo la prolungata disamina normativa, giurisprudenziale e dottrinaria che ha convinto la Corte territoriale.