Lede le prerogative sindacali l’Ente della P.A. che ometta l’informazione ed il confronto sui processi di riorganizzazione datoriale e la richiesta di nulla-osta per il trasferimento di dirigenti sindacali

CONDOTTA ANTISINDACALE

TRIBUNALE LAVORO DI ROMA, DECRETO 30.6.23, DISPOSITIVO DI SENTENZA DEL 18.9.24

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Lede le prerogative sindacali l’Ente della P.A. che ometta l’informazione ed il confronto sui processi di riorganizzazione datoriale e la richiesta di nulla-osta per il trasferimento di dirigenti sindacali

Il Tribunale di Roma ex art. 28 L. n. 300 del 1970 ha dapprima decretato nella fase sommaria (consultabile in fondo alla pagina) e poi, all’esito dell’opposizione dell’Ente, confermato in sentenza (dispositivo – in attesa di motivazione – consultabile in fondo alla pagina) l’antisindacalità delle condotte datoriali.

L’Ente aveva avviato un processo di riorganizzazione complessa, implicante anche il trasferimento di una sede centrale da Roma a Fiumicino, con relativo trasferimento di tutti i 30 dipendenti ivi addetti. Ma non aveva reso la necessaria preventiva informazione alle OO.SS. (tra cui quella ricorrente). Anzi, nelle fasi preparatorie dell’organizzazione erano state date comunicazioni di segno diametralmente opposto avendo l’Ente rassicurato i lavoratori che detto nuovo modello organizzativo non avrebbe comportato alcuno spostamento di personale.  

L’Ente convenuto ometteva inoltre la preventiva richiesta di nulla osta all’O.S. di appartenenza per il trasferimento di tre dirigenti sindacali, parimenti addetti alla sede oggetto del predetto trasferimento.   

Il Giudice del Lavoro ha confermato l’orientamento consolidato[1] secondo cui le determinazioni per l’organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro, seppure assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacità ed i poteri del privato datore di lavoro, devono essere oggetto di informazione ai sindacati, per tutto quello che concerne le ricadute sui rapporti di lavoro.

Quanto poi al requisito soggettivo della volontà di ledere i diritti sindacali, il Tribunale condivide l’orientamento di legittimità, come di merito, secondo cui non è necessario (ma neppure sufficiente) uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro atteso che “Ai fini dell’integrazione, da parte del datore di lavoro, dell’attività antisindacale, a norma dell’art. 28 della l. n. 300 del 1970, rileva l’idoneità della condotta a produrre l’effetto che la disposizione intende impedire, ossia la lesione della libertà sindacale, sicché anche una condotta lecita nella sua obiettività configura un comportamento antisindacale ove presenti i caratteri dell’abuso del diritto (Cass. n. 6876/24; e fin dalla nota Cass., SS.UU. n. 5295/97”; per la giurisprudenza di merito, da ultimo il Trib. Sassari 2/4/24).

Antisindacale è stato dichiarato, quindi, l’omesso coinvolgimento dell’Organismo Paritetico per l’Innovazione (OPI), ove l’Ente doveva rendere le informazioni [2] afferenti al progetto di riorganizzazione. Il Tribunale riconosce infatti che l’OPI, così come configurato dalla contrattazione di comparto, costituisce una delle forme di partecipazione cui fa riferimento l’art. 5, comma 4, Dlgs n. 165/2001 e come rientri in pieno nell’ambito delle competenze del medesimo tutto ciò che abbia una dimensione progettuale, complessa e sperimentale di carattere organizzativo, al fine anche di formulare proposte all’amministrazione o alle parti negoziali della contrattazione collettiva.

Parimenti lesivo dei diritti dell’organizzazione sindacale è stato il provvedimento di trasferimento di sede (da Roma a Fiumicino) dei lavoratori che rivestono il ruolo di dirigenti sindacali, senza la richiesta preventiva del nulla osta dell’O.S. di appartenenza, non solo ai sensi dell’art. 22 L. n. 300/1970 ma anche dell’art. 20, 4 comma, CCNQ del dicembre 2017. L’Ente affermava che non trattavasi di trasferimento ma di spostamento di sede ma il Tribunale, sempre nella fase sommaria (poi confermato in sentenza da altro Giudice del Lavoro), denegava la tesi richiamando la nozione tipica di “trasferimento” ed i suoi essenziali criteri di distinzione con la trasferta e/o la missione: “ il trasferimento” preso in considerazione dall’art. 20, comma 4, del CCNQ cit, deve intendersi, in linea con la giurisprudenza formatasi in tema di interpretazione dell’art. 2103 c.c., uno spostamento dalla sede lavorativa che, per assumere carattere di definitività, si differenzia dalla trasferta e dalla missione che, di contro, si caratterizzano per il fatto che l’allontanamento dalla sede assume natura meramente temporanea ancorché indeterminata, seppure determinabile con l’esaurimento dello scopo per il quale è stato disposto (cfr ex plurimis, Cass. 5 ottobre 1998, n. 9870; Cass. 14 agosto 1998, n. 8004; Cass. 22 agosto 1997 n. 7872)” [3].

In tema di procedimento antisindacale si segnala, infine, l’interessante recente pronuncia di Cassazione [4] in tema di onere della prova. In ossequio ai principi comunitari, mutuando dalla ratio dei principi che reggono gli specifici procedimenti contro le discriminazioni, ritenendo, giustamente, che tra le opinioni oggetto di tutela vi siano anche quelle sindacali, il Supremo Collegio ha stabilito che anche in tema di procedimento ex art. 28 S.L. una “quasi inversione” dell’onere probatorio:  “trova applicazione anche al procedimento ex art. 28 St. Lav. lo speciale criterio di riparto dell’onere probatorio di cui all’art. 4, co. 4 d.lgs. 216/2003, che non integra un’inversione dell’onere probatorio, ma una «agevolazione» che l’ordinamento riconosce in favore del soggetto che assume essere stato discriminato: quest’ultimo, infatti, può limitarsi ad allegare e dimostrare circostanze di fatto dalle quali può desumersi per inferenza la discriminazione. In capo al datore si determina quindi l’onere di provare l’insussistenza della discriminazione, attraverso circostanze idonee ad escludere la natura discriminatoria della propria condotta”.

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[1] “L’adozione di provvedimenti attinenti all’organizzazione del lavoro in una pubblica amministrazione senza l’osservanza degli obblighi di informazione, concertazione e contrattazione previsti dai contratti di categoria concreta un comportamento antisindacale ex art. 28 SL, in quanto impeditivo e limitativo dell’esercizio dell’attività sindacale” Trib. Trieste 5/10/2010, Est. Rigon, in D&L 2010, con nota di Luca Busico, “Relazioni sindacali e riforma Brunetta: prime questioni applicative”, 1008.

[2] che devono essere “con una informativa da rendersi in maniera completa nei confronti dei lavoratori” Trib. Milano 20/9/2002, Est. Mascarello, in D&L 2003, 49, con nota di Filippo Capurro, “Trasferimento d’azienda, comunicazioni sindacali, contratto collettivo di ingresso e comportamenti del datore di lavoro successivi all’operazione”.

[3] In tema, “limitrofo” al nostro, di trasferimento d’azienda, pur essendo escluso che la procedura di informazione e confronto sindacale costituisca requisito di validità del negozio traslativo, la giurisprudenza ha comunque rimarcato che “In tema di trasferimento d’azienda l’art. 47 della l. 428 del 1990 impone il rispetto di una procedura di informazione e consultazione sindacale, per cui il cedente e il cessionario sono tenuti a comunicare ai soggetti destinatari dell’obbligo di informazione la data di trasferimento (o la data proposta per il trasferimento), i motivi di esso, le conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori e le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi. Il mancato adempimento dell’obbligo d’informazione e consultazione costituisce comportamento contrario ai principi di correttezza e di buona fede, il cui inadempimento rileva come condotta antisindacale.” Tribunale Napoli 15/11/2018, orientamento da ultimo confermato da Cass. n. 11816/24.

[4] N. 1/2020 in Rivista Italiana di Diritto del Lavoro 2020, 2, II, 377.

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