Omessa apposizione della formula esecutiva sulla copia notificata e potere di reazione del debitore esecutato

LA CASSAZIONE SUBORDINA LA CONCRETA POSSIBILITÀ DI SPIEGARE L’OPPOSIZIONE RELATIVA ALLA IRREGOLARITÀ FORMALE DEL TITOLO ALLA ESISTENZA DI UN INTERESSE LESO DAL VIZIO DEDOTTO

“L’omessa spedizione in forma esecutiva della copia del titolo esecutivo rilasciata al creditore e da questi notificata al debitore determina una irregolarità formale del titolo medesimo, che deve essere denunciata nelle forme e nei termini di cui all’art. 617, comma 1, c.p.c., senza che la proposizione dell’opposizione determini l’automatica sanatoria del vizio per raggiungimento dello scopo, ai sensi dell’art. 156, comma 3, c.p.c.; tuttavia, in base ai principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e dell’interesse ad agire, il debitore opponente non può limitarsi, a pena di inammissibilità dell’opposizione, a dedurre l’irregolarità formale in sé considerata, senza indicare quale concreto pregiudizio ai diritti tutelati dal regolare svolgimento del processo esecutivo essa abbia cagionato.”. 

Cass. Civ. Sez. III, Sent., (ud. 14.09.2018) 12.02.2019, n. 3967

 

IL CASO

La vicenda trae origine dalla opposizione originariamente proposta da un debitore esecutato, raggiunto dalla notifica del titolo esecutivo stragiudiziale assieme al pedissequo precetto, opposizione fondata sulla mancanza della formula esecutiva sulla copia notificata.

Accolta l’opposizione dal Tribunale di Ancona, la Corte di Appello investita del gravame, in riforma della sentenza di prime cure, ha respinto l’originaria opposizione, sia in punto di opposizione agli atti esecutivi che in punto di opposizione all’esecuzione.

Ha affermato la corte dorica che, in concreto, avendo comunque l’atto raggiunto lo scopo, ed essendo il debitore stato utilmente notiziato della esistenza e delle ragioni della pretesa del creditore opposto, non vi era ragione per ritenere persistente il vizio, che doveva ritenersi sanato ai sensi del terzo comma dell’articolo 156 c.p.c.

Avverso tale decisione ha ricorso il debitore opponente, soccombente in appello, evidenziando come la pacifica mancanza della formula esecutiva nel titolo notificato impedisse di esaminare lo stesso nella sua integrità, come del resto sostenuto dal Tribunale nella sentenza poi riformata, con conseguente insussistenza dell’invocata sanatoria del vizio.

IMPATTI PRATICI E CONSIDERAZIONI

Con la sentenza in commento la Suprema Corte ha rilevato l’inammissibilità dell’appello originariamente spiegato in punto di opposizione agli atti esecutivi ed ha quindi cassato senza rinvio la sentenza impugnata, in quanto emessa avverso un appello inammissibile, procedendo peraltro all’esame della questione giuridica sottostante ai sensi dell’articolo 363 c.p.c.

La Suprema Corte ha in primo luogo ribadito che la dedotta mancanza della formula esecutiva, non coinvolgendo l’esistenza stessa del titolo, ma solo la sua regolarità formale, doveva univocamente ricondursi, secondo consolidata giurisprudenza, allo schema dell’opposizione agli atti esecutivi, con la conseguente inammissibilità di un appello avverso la sentenza di prime cure, suscettibile solamente di ricorso per cassazione.

Da qui la declaratoria di inammissibilità dell’appello, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado.

Peraltro, muovendo oltre, la Corte di Cassazione ha ritenuto di dover affrontare la questione, dichiarata di particolare importanza, afferente alla mancanza della formula esecutiva sul titolo notificato al debitore.

Al riguardo la Suprema Corte ha ritenuto che non si potesse parlare di raggiungimento dello scopo per il fatto che l’esecutato avesse proposto l’opposizione, tenuto conto che lo scopo dell’apposizione della formula non era e non è quella di permettere all’esecutato di conoscere l’esistenza e l’esatta tipologia di pretesa fatta valere, scopo cui assolve, casomai, il precetto, ma quello di verificare la sussistenza dei presupposti di legge per il rilascio del titolo esecutivo, dalla riconduzione al parametro normativo dell’articolo 474 c.p.c. alla esigibilità, alla liquidità ed agli altri presupposti di legge.

Con la correlativa conseguenza che la conoscenza dell’esistenza di un titolo, concretatasi nella proposizione dell’opposizione, non permette di ritenere per ciò solo raggiunto lo scopo con conseguente sanatoria del vizio ex art. 156 3° comma c.p.c.

Tanto ribadito, peraltro, la Cassazione evidenzia come, pur in assenza di un raggiungimento dello scopo, la mera opposizione formale per il vizio della omessa apposizione della formula al titolo esecutivo sia di fatto inaccoglibile.

Tanto sotto il diverso profilo che, in concreto, il vizio processuale proprio merita valutazione da parte del Giudice solo qualora da quella violazione della norma processuale sia derivato un concreto e specificato pregiudizio alla difesa della parte che propone opposizione, non potendo, per i principi di ragionevole durata del processo e di economia processuale, trovare accoglimento opposizioni formali cui non si correli alcun pregiudizio sostanziale, ossia la possibilità di ottenere una pronuncia diversa e più favorevole.

Principio questo da estendere anche al processo esecutivo, come sostenuto da ultimo da Cass. 19105/2018 richiamata in motivazione, non potendo il debitore lamentarsi di un vizio del processo che non si trasfonda in un effettivo pregiudizio ai diritti tutelati.

Conclusivamente, pertanto, la Corte, ribadendo un orientamento oramai stabilizzatosi dapprima in sede di processo contenzioso e ora accolto anche in sede di processo esecutivo, chiarisce che la mera violazione della norma processuale, cui non sia correlato alcun pregiudizio per la parte nel processo, non costituisce ragione sufficiente per l’utile accoglimento della proponenda opposizione.

Avv. Francesco Capecci

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